Ho acquistato Otto giorni in una soffitta al modernariato poche settimane fa. Volevo rileggerlo dopo tanto tempo per riassaporarne il tono. Ho speso un po’, ma sono tornata a casa felice, in agosto, nella città  più silenziosa, senza traffico, lieta di potermi chiudere al fresco di una vecchia casa, dove l’aria condizionata è spenta. Avevo letto questo famosissimo romanzo, il più popolare della popolarissima collana “Biblioteca dei miei ragazzi”, edita da Salani in Firenze, all’inizio degli studi di Storia della Letteratura per l’Infanzia, sollecitata dallo studio di Antonio Faeti pubblicato da Cappelli nel 1979 (Una settimana con molte domeniche. Conformismo e contestazione nel libro per ragazzi). A quel tempo, i volumetti, noti anche per le belle copertine a colori firmate da valenti illustratori, si trovavano sulle bancarelle a prezzi possibili per le mie finanze ed avevo quasi completato la serie (oggi giace nelle scatole impilate in un garage). Ho un ricordo memorabile: tornata nella casa dei miei genitori per stare  qualche giorno con loro, mi ero portata in borsa alcuni titoli, ed avendo preso possesso di quella  che un tempo era la mia stanza, mi ero messa a disporli sul comodino, a portata di mano per  essere letti prima di spegnere la luce. Mia madre mi ronzava intorno, parlandomi di tutto, facendomi mille domande in arretrato di mesi di silenzio. Poi si è zittita, ha preso i volumetti fra le mani, si è seduta sul mio letto e stringendoli al petto si è messa a snocciolare tutti i titoli della collana con un’aria di beatitudine abbastanza insolita per il suo carattere. Non la finiva più. E’ nata nel 1930 ed era una lettrice. Io non ne avevo mai visto uno da piccola, e comprendevo il valore delle biblioteche civiche, accanto a quelle popolari e circolanti. Mia madre, dopo le scuole medie, da un paese di provincia raggiungeva Bologna  per frequentare l’Istituto Magistrale. Era povera, non aveva i soldi per la merenda né per il pranzo, e si arrangiava come poteva. Ma il problema erano le scarpe. Usava quelle della sua gemella che, invece, andava già al lavoro. E per le scarpe litigavano un po’,  e le ragazze di città con quelle povere di provincia erano sottilmente razziste. Questi dettagli, un po’ fuori tema, mi sono stati raccontati da mia madre in questi giorni; ma, forse, queste annotazioni possono servire per tracciare anche un provvisorio identikit del lettore, presenza attiva del mondo dei libri.
Mi ero ripromessa di scrivere di questa collana per Zazie, ma poi travolta dalle cose da fare e timorosa di essere giudicata una vecchia nostalgica, ho dato la precedenza ad altri temi.

Oggi sono felice. Sono in libreria, vedo apparire Agata con due libretti freschi di stampa, appena usciti dalle scatole novità. Accanto al libro di F. Giraud ecco La teleferica misteriosa,  un titolo italiano,
“maschile” (troppo protagonismo femminile, veniva rimproverato), inserito fra gli autori prevalentemente francesi presenti la collana.
Aspettiamo il piano dell’opera  e auguriamo il più grande successo alla nostalgia, con un pensiero di gratitudine a Mario Spagnol.
Grazia Gotti